Nuova impresa sociale: pubblicato il decreto legislativo.

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 167 del 19.07.2017 il Dlgs 3 luglio 2017 n. 112, titolato “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”.

Il decreto si inserisce nel quadro della riforma complessiva del comparto no profit, prevista dalla legge delega 106/2016.

Le nuove norme, in conformità all’art. 21, risultano in vigore a partire dal giorno successivo alla data di pubblicazione.

L’obiettivo è quello di migliorare la disciplina dell’impresa sociale, colmando le attuali lacune relative soprattutto al regime fiscale, e rimuovere le principali barriere al suo sviluppo, rafforzandone il ruolo nel Terzo settore, anche in chiave di sistema.

Dalla definizione di impresa sociale alle regole per la distribuzione degli utili, agli sgravi e agevolazioni fiscali per chi investe, ecco, in sintesi, cosa prevede il decreto.

L’art. 1 è dedicato alla definizione del nuovo soggetto.

Vengono definite imprese sociali quelle che esercitano in via stabile e principale una o più attività d’impresa di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

È necessario adottare modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorire il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività.

Rientrano nella definizione di impresa sociale anche gli enti che svolgono “accoglienza umanitaria e integrazione sociale dei migranti”.

Devono essere realizzate in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro, i vincoli di destinazione del patrimonio, e il perseguimento delle attività e delle finalità da parte dei soggetti risultanti dagli atti posti in essere.

È ammessa la prestazione di attività di volontariato, ma il numero dei volontari impiegati nell’attività d’impresa, dei quali l’impresa sociale deve tenere un apposito registro, non può essere superiore a quello dei lavoratori.

Nodo centrale della riforma è l’utilizzo degli utili d’impresa.

L’art. 2. li disciplina così: gli utili sono vincolati alla destinazione, identificata dal provvedimento in esame allo “svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio”.

Viene pertanto vietata la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione a fondatori, soci o associati, lavoratori dipendenti e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali.

Limitazioni previste anche agli stipendi, che non possono superare del 40% quelli previsti dai contratti collettivi.

Si tratta di argini normativi volti a scongiurare eventuali conflitti di interesse.

Non si potranno, infatti, vendere beni o prestare servizi a prezzi di favore per i componenti dell’impresa, né per i finanziatori, né per i loro parenti.

L’impresa sociale può invece destinare parte degli utili, ma in misura inferiore al 50%, per aumentare gratuitamente il capitale sociale ovvero distribuire dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.

L’impresa sociale può, inoltre, deliberare erogazioni gratuite in favore di enti appartenenti al terzo settore, ma differenti dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci dell’impresa sociale o società controllate.

Le imprese sociali possono tuttavia destinare una quota non superiore al 3% degli utili, a fondi istituiti dalle associazioni di imprese sociali o alla Fondazione Italia Sociale, il cui scopo coincide con la promozione e la crescita delle imprese sociali anche attraverso il finanziamento di specifici programmi di sviluppo.

Tali specifici versamenti sono deducibili ai fini dell’imposta sui redditi dell’impresa sociale erogante.

Infine, l’art.18 stabilisce che gli utili e avanzi di gestione non costituiscono reddito imponibile nei seguenti casi:

  1. se vengono desinati a una riserva destinata «allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio», nonché al versamento dei contributi per l’attività ispettiva;
  2. se servono ad aumentare il capitale sociale.

Chi finanzia un’impresa sociale, sia esso persona fisica o società, potrà beneficiare di una detrazione fiscale pari al 30% dell’investimento nel capitale di un’impresa che diventi impresa sociale nei termini stabiliti dal decreto in esame, a condizione che sia stata costituita da meno di tre anni.

La detrazione è valida per tre anni e non può oltrepassare l’importo di un milione di euro in ipotesi di persona fisica, 1,8 milioni nel caso di società.

Si evidenzia che gli esposti benefici fiscali saranno operativi soltanto a seguito della ricezione dell’autorizzazione della Commissione europea.