I nostri viticultori Siciliani, soprattutto quelli legati alla produzione di uva da tavola, ci hanno comunicato il loro stato di agitazione. Effettivamente, per il comparto siciliano, gia’ il 2018 era sto un anno particolare: il fenomeno del cracking (acini spaccati) aveva condizionato la produzione e poi la commercializzazione delle uve destinate alla tavola. Quest’anno non va meglio: evitata la contrazione produttiva, i mercati hanno deluso le aspettative. C’è qualcosa che non funziona: la Sicilia e’ il secondo produttore di uva in Italia e l’Europa uno dei mercati piu’ importanti per quanto riguarda l’uva da tavola. Possiamo parlare di una vera e propria crisi che colpisce un settore particolarmente importante per l’economia siciliana. E’ urgente trovare delle soluzioni in quanto continua a diminuire la superficie coltivata a vite, i costi di gestione in alcuni casi sono diventati proibitivi, gestire le risorse idriche risulta sempre piu’ complicato e i cambiamenti climatici, sempre piu’ imprevedibili, spesso addirittura compromettono un’ intera vendemmia. L’emergenza c’è e bisogna correre ai ripari.
Proprio in queste ore, gli operatori del settore stanno chiedendo un tavolo dedicato: le istituzioni, regionali, nazionali ed europee, devono trovare soluzioni concrete per il comparto. Sinergia e coordinamento sono le parole d’ordine. I viticultori siciliani con forza chiedono un tavolo tecnico dedicato all’uva da tavola: bisogna riconoscere lo stato di crisi e pensare a una moratoria dei pagamenti dovuti per quest’anno. Ma gli operatori non puntano solo allo stanziamento di fondi: chiedono un’analisi profonda delle criticita’ che riscontrano e chiedono soluzioni concrete che si pongano a tutela della produzione e quindi della commercializzazione dell’uva da tavola. Bisogna incentivare i viticultori scongiurando i sempre piu’ diffusi abbandoni e i pericolosi abbassamenti dei livelli occupazionali.
La protesta e’ particolarmente vivace a Mazzarrone (Catania) e non a caso: Mazzarrone è la patria dell’uva da tavola Igp e qui l’attivita’ di produzione e raccolta da’ lavoro a tantissimi uomini e donne anche dei paesi limitrofi.
Prima di tutto il riconoscimento di un prezzo più vicino ai costi medi di coltivazione: si lavora sottocosto e le aziende arrancano. Non solo. Il sistema vitivinicolo italiano risente dell’incapacità delle istituzioni di controllare dinamiche di mercato rispondenti alla liberalizzazione dei mercati agricoli mondiali che hanno determinato una disomogeneita’ in tema di normativa. In sostanza vengono chieste regole uguali per tutti i paesi. In tal modo vengono garantite tracciabilita’ e salubrità: caratteristiche essenziali per prodotti di qualita’. Questo chiedono soprattutto in Sicilia i viticultori da tavola: le loro uve presentano un profilo qualitativo eccellente ma il mercato sembra non riconoscere o comunque non apprezzare questo dato: i prezzi di acquisto non sono remunerativi per il settore. E’ la qualita’ che va premiata assicurando un prezzo minimo garantito per prodotti di eccellenza . Sono questi i prodotti che possono fregiarsi del marchio “made in Italy”; sono questi i prodotti che vorremmo trovare anche sui banchi della Grande Distribuzione dove invece trovano troppo spesso spazio prodotti comprati da paesi terzi. Dunque tentare di risolvere la crisi delle viticultura da tavola in Sicilia significa prima di tutto pensare a interventi compensativi per limitare i danni di una annata per nulla soddisfacente ma significa soprattutto mettere a punto un intervento normativo tendente a favorire la presenza e il giusto riconoscimento economico delle eccellenti uve da tavola siciliane.